In riferimento alla convocazione del Comitato Monitoraggio Sistema Economico Produttivo ed Aree di Crisi della Regione Puglia, anticipata da una nota stampa a firma degli Assessori regionali Sebastiano Leo e Loredana Capone, il Gruppo Natuzzi ringrazia per la disponibilità mostrata, ma si vede costretto purtroppo a declinare l’invito.
Considerata la richiesta della Regione che – come “condizione per avviare ogni discussione” – chiede all’azienda il ritiro dei licenziamenti per i collaboratori del sito di Ginosa e la presentazione di un Piano Industriale alternativo (a “esuberi zero”), che preveda il riassorbimento di tutti i collaboratori, il Gruppo dichiara di non poter accogliere le condizioni poste dalla Regione Puglia, essendo le stesse fuori dagli Accordi Sindacali e Istituzionali sin qui siglati dall’Azienda, all’interno dei quali ha sempre operato e continuerà a farlo, con lealtà, serietà e senso di responsabilità.
Il 14 ottobre del 2015, infatti, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, è stato siglato un Accordo Sindacale, sottoscritto dai sindacati nazionali e territoriali, dal Ministero del Lavoro, dal Ministero dello Sviluppo Economico e dalle stesse Regioni Puglia e Basilicata, che prevedeva – dopo più di un decennio di ammortizzatori sociali – un ultimo periodo di 12 mesi di cassa integrazione per cessazione delle attività di Ginosa, non rinnovabile.
La firma di quell’Accordo, come autorevolmente e onestamente dichiarato dal Vice Ministro dello Sviluppo Economico On. Teresa Bellanova durante la cabina di regia del 13 ottobre scorso, sanciva anche la volontà delle parti di porre fine a un decennio di cassintegrazione che, pur avendo sostenuto il reddito dei collaboratori, non ha visto il realizzarsi delle condizioni per un loro rientro nelle attività produttive Natuzzi e non ha agevolato la loro ricollocazione presso altre aziende. Anzi, il perdurare della Cassa Integrazione si è ritorto contro le stesse aziende che vi fanno ricorso. È di pochi giorni fa la notizia dell’ennesimo blitz della Guardia di Finanza che ha scoperto ben 191 lavoratori in nero sul territorio pugliese, molti dei quali in cassintegrazione e operanti nel settore del mobile imbottito.
Sulla base di queste ragioni, all’indomani di quell’accordo, le parti si sono impegnate ad avviare un progetto di reindustrializzazione del territorio finalizzato ad attrarre investimenti privati e favorire la ricollocazione dei collaboratori Natuzzi in CIGS. Purtroppo il progetto di reindustrializzazione del territorio ha subito dei ritardi, pur avendo il Gruppo Natuzzi fatto il possibile per accelerarlo, investendo di tasca propria su società di scouting e sul Progetto di ricollocazione Asssist, con incentivi alle aziende disposte ad assumere i cassintegrati Natuzzi.
L’accordo in questione rappresenta un momento alto di assunzione di responsabilità da parte di tutti coloro che l’hanno sottoscritto. E la responsabilità paga sempre. Gli obiettivi di salvaguardare i conti della società e arrestare le perdite, che dopo un decennio stavano mettendo a repentaglio l’esistenza stessa dell’azienda, si stanno conseguendo: trimestre dopo trimestre il Gruppo sta registrando il progressivo miglioramento dei principali indicatori economico/finanziari. Resta un problema legato ai volumi, in particolare quelli dell’Europa e dell’Italia – dove si sconta un flusso degli ordini al di sotto delle aspettative. I mercati risentono ancora della crisi economica e per i consumatori di questi Paesi il prezzo resta il principale fattore di acquisto (come dimostra il calo delle vendite Divani & Divani by Natuzzi del primo semestre 2016, rispetto all’anno precedente).
Il Gruppo Natuzzi è fortemente impegnato a consolidare e mettere in sicurezza gli attuali 1.918 collaboratori che oggi lavorano in regime di Solidarietà, per i quali negli ultimi due anni ha investito oltre 4 milioni di euro – di soldi propri – nelle innovazioni di prodotto e di processo e ha trasferito la produzione di oltre 200.000 sedute dagli stabilimenti esteri in Italia, sopportando, nei soli primi sei mesi del 2016, un maggior costo di produzione di 7,3 milioni di euro.
D’altro canto, conferma il suo impegno a costituire una New.Co. che svolga nel sito di Ginosa le attività di taglio del poliuretano per le imbottiture attualmente svolte all’esterno. Conferma che è disponibile ad attivare questa New.co entro i prossimi 12-18 mesi, ovvero nei tempi necessari alla riconversione industriale del sito di Ginosa. La New.co., in base al Piano Industriale presentato dal Gruppo alle parti lo scorso settembre, consentirebbe la riassunzione di circa 104 collaboratori dei 290 attualmente in esubero.
Qualunque ulteriore periodo di Cassa Integrazione non risolve nessuno dei problemi strutturali legati alla non ricollocazione dei collaboratori, non è funzionale all’implementazione del Piano industriale della New.co. e rischierebbe solo di allungare i tempi di un vero rilancio dell’economia di un territorio che non può più basarsi sulla cassaintegrazione e sul sommerso.
Bisogna prendere atto che occorre aprire una fase nuova e che occorrono soluzioni nuove, da perseguire insieme con coraggio, realismo e senso delle responsabilità. L’azienda è pronta ad assumersi le sue, fino in fondo.