Vescovo e Dottore della Chiesa. Nascita 1033, Aosta – morte 21 aprile 1109, Canterbury – Inghilterra
Questo Santo è chiamato, a ragione, il primo degli Scolastici, ossia quei filosofi che ripresero lo studio della vera e sana filosofia del grande Aristotile, cristianizzandola.
Nacque Anselmo ad Aosta, cittadina del Piemonte, nell’anno 1033, da Gandolfo e Ermenberga, nobili e ricchi signori. Il padre, uomo d’affari, poco si curò dell’educazione del figlio; anzi conosciuta la sua vocazione, la ostacolò. La madre invece, donna di soda pietà, conscia dell’alta sua missione, già con il latte materno instillò nel figlio quella pietà che in modo straordinarie doveva poi onorare il nostro Santo. Quindicenne deliberò di abbandonare il mondo, tanto gli apparve brutto, e decise di consacrarsi al servizio del Signore. Però la volontà contraria del padre e la repentina perdita della madre lo distolsero dal suo proposito. Così duramente provato, Anselmo s’abbandonò per un po’ di tempo al malevolo influsso del mondo: il suo spirito si raffreddò, il mondo gli apparve bello ed affascinante ed il suo cuore inesperto gli si attaccò. Il Signore però l’attendeva, e ben presto lo ritrasse da sì fatale china, servendosi dello stesso suo padre. Incominciò questi a trattare il figlio così severamente, da costringerlo ad abbandonare la casa e cercare in terra straniera un migliore avvenire. Riparò in Francia ove Dio lo chiamava. Per tre anni andò ramingo senza casa e senza scopo alcuno, ed infine l’amore allo studio lo spinse ad entrare come discepolo nel monastero del Bec in Normandia, ove insegnava il celebre Lanfranco di Pavia.
Quivi Anselmo trovò grande diletto nello studio; il suo cuore delicato che non reggeva ai maltrattamenti paterni, trovò nel suo maestro un nuovo padre che teneramente l’amava e conobbe l’oggetto che veramente doveva amare: il Divin Maestro. Allora ritornarono presto nell’anima sua i giovanili propositi e i santi desideri di perfezione: sicché decise risolutamente d’abbandonare il mondo. Entrò nell’Ordine Benedettino e vestì l’abito religioso. «Si vide in lui, scrive il P. Rosa, novizio e giovane professo, l’asceta austero, e il fratello dolce e affabile che si rende caro a tutti; nel priore, il lavoratore indefesso e il provveditore instancabile, custode rigido della disciplina religiosa; nell’abate, il consigliere e il padre autorevole non meno che amabile coi suoi figli; ed inoltre maestro, filosofo e mistico, scrittore e predicatore, promotore e riformatore della vita religiosa». È ammirabile la fortezza di quest’uomo. Ebbe tanto a soffrire, sia da parte dei confratelli più anziani, sia da parte del re inglese il quale giunse ad esiliano; ma e questi e quelli egli ricambiò con atti di squisita carità. Dopo alcuni anni d’esilio, fu richiamato alla sua sede primaziale di Canterbury, ove santamente rese l’anima al Signore che generosamente aveva servito, il 21 aprile 1109. I suoi scritti gli meritarono dalla S. Chiesa il titolo di Dottore.
Buona giornata.