I piccoli agricoltori sono lo zoccolo duro dell’agricoltura pugliese, il 78% del peso totale che sviluppa il 35% delle giornate di lavoro, un valore aggiunto in termini di multifunzionalità, di prodotti Dop, Igp e biologici e di erogazione di servizi sociali, educativi e di presidio del territorio, ma che di fatto rischiano di restare esclusi dalle politiche e dunque dai contributi dello sviluppo rurale. E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, in occasione della giornata internazionale della lotta contadina che si celebra il 17 aprile, sulla base della radiografia delineata da uno studio realizzato dal Centro Studi Divulga che non si limita a denunciare l’esclusione di una fetta rilevante di imprenditori agricoli dal PSR, ma propone precise strategie di intervento.
L’approvazione da parte dei 27 Stati membri della revisione della Politica agricola comune, con una serie di misure di alleggerimento degli adempimenti burocratici, delle quali andranno a beneficiare cinquecentomila piccoli agricoltori italiani come richiesto da Coldiretti anche con numerose manifestazioni in piazza a Bruxelles, rappresenta una prima risposta importante a tutela delle imprese agricole, a cui si è aggiunto anche un altro risultato importante con il via libera alla proroga degli aiuti di Stato in caso di crisi che consentirà di procedere con la moratoria del debito delle imprese agricole stritolate in questi ultimi anni da costi elevatissimi e dal progressivo calo dei prezzi riconosciuti agli agricoltori.Ma per abbattere gli steccati e coinvolgere nelle strategie dello sviluppo rurale questa ampia fetta di agricoltura, secondo Divulga, occorre definire – aggiunge Coldiretti Puglia – uno strumento più agile del business plan con una scheda di intervento e il supporto di un servizio di consulenza leggero e continuativo. Un regime, dunque, in grado di favorire gli interventi di piccola taglia, da eseguire in tempi rapidi. Divulga ha anche ipotizzato una misura specifica “Investimenti nelle piccole aziende agricole” che potrebbe essere introdotta in via sperimentale.Va, dunque, superato quello che Divulga definisce un paradosso e cioè il rischio di escludere dalle politiche di sviluppo rurale, da quel set di interventi – spiega Coldiretti Puglia – messi a disposizione dall’Europa per promuovere lo sviluppo equilibrato delle aree rurali e dei sistemi agricoli proprio quella fascia di piccole realtà produttive che vivono in connessione con i territori. Circa il 28% delle piccole aziende pugliesi partecipa a sistemi di qualità o è condotta in biologico. Di sostanza anche la dimensione della multifunzionalità – insiste Coldiretti Puglia – i cui numeri raccontano come le piccole aziende siano protagoniste positive del rapporto tra agricoltura e territorio, con funzioni economiche come diversificazione, trasformazione in azienda, vendita diretta, agriturismo finalizzate a creare maggiore valore aggiunto per l’azienda e per il territorio, ma anche di funzioni sociali – legate ad esempio all’erogazione di servizi sanitari, sociali, educativi – e di funzioni ambientali che ricomprendono una vasta gamma di servizi eco-sistemici generati dalle piccole aziende.Non tutte le misure dell’attuale politica dello sviluppo rurale distinguono tra tipologie e dimensioni e non contestualizzano – stigmatizza Coldiretti Puglia – i parametri dell’efficienza aziendale non prendendo in considerazione quei valori generati dalla connessione tra agricoltura e territorio. Porre come requisiti per accedere ai contributi del Psr la produttività media degli ettari e dei capi di bestiame di fatto chiude le porte a questa fascia di imprese.
Coldiretti Puglia ritiene vitale il contributo determinante che i “piccoli” potrebbero offrire alla transizione ecologica, perché non sono solo i “numeri” a discriminare, ma anche la complessità degli adempimenti burocratici. Da qui la considerazione dello studio di Divulga di ritenere “doveroso” aprire uno spazio di attenzione per i piccoli agricoltori. Un tema che va affrontato – conclude Coldiretti Puglia – in vista dei futuri programmi di sviluppo rurale e che tra l’altro potrebbe aiutare a frenare il fenomeno denunciato dell’abbandono delle terre agricole, in particolare nelle aree marginali.