GIOVANISSIMI STRAPPATI ALLA VITA, UN INSEGNANTE: “SONO INCAZZATO”

L’ insegnante  del Liceo Scientifico “Pietro Sette”, prof. Giancarlo Visitilli, affida a Repubblica il suo pensiero sulla prematura e tragica morte dei suoi/nostri ragazzi. Dalle sue parole trasuda una sconcertante verità. Riprendiamo integralmente il suo scritto:

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Prof. Giancarlo Visitilli

“In cinque anni, che insegno in una cittadina in provincia di Bari, ma potrebbe trattarsi della mia stessa città, è accaduto più volte di perdere gli studenti. Non perché bocciati. Magari, avrei preferito anche io, aderire almeno per una prima volta alla loro bocciatura, ma vederli ancora vivi!

Morti, perché la vita gli ha sottratto la gioia di vivere. Morti perché “mai una gioia”, come ho letto sul profilo facebook di uno di loro, solo due giorni fa. Morti perché (lo voglio dire), perché dal venerdì alla domenica sera, non ci sono regole: lo sballo manda a far benedire ogni pagina di Storia, anche delle migliori, ed ogni tregua si trasforma in guerra: la loro con se stessi. Niente poesia, perché il mondo gli ha insegnato che l’unica poesia, dal venerdì alla domenica sera, secondo loro, è quella di Jim Morrison, di Bob Marley, Kurt Cobain, che neanche conoscono, tantomeno ne traduco i testi, li ascoltano quando sono sballati, perché passano per “quelli come noi”, che “si scattavano di alcol e droga”. Se facessimo conoscere anche a scuola Morrison, Marley e Cobain, si accorgerebbero di come anche loro rivendicavano un desiderio di attaccamento alla vita da paura, peggio di Ungaretti in Veglia. Invece, a loro, ai miei studenti, fa comodo trovare ‘amici’ alleati, complici, pensare che con i poeti maledetti ci sia una corrispondenza d’amorosi sensi, che li vede vicini a loro solo nell’arte di farsi le canne, impasticcarsi bere, guidare a velocità inaudita. “Non pensare a niente”.

E allora voglio dire le cose anch’io senza regole, perché sono incazzato, turbato, sconvolto dal fatto che ho insegnato all’ennesimo studente, morto, cos’è quell’attaccamento alla vita su cui, forse, lo avrò pure interrogato, ma oggi interroga lui me, con queste parole: non mi hai insegnato niente, neanche ad apprezzare la vita, che è rimasta confinata sui libri di letteratura italiana, fra le poesie che ho anche tradotto, ma mai reso versione in vita per me.

Io, non per senso di colpa, ma in quanto educatore oggi mi sento un fallito nei suoi confronti e nei confronti di una comunità che ha perso un’altra vita. L’ennesima!

Oggi, lunedì, ho chiesto ai miei studenti di fare lezione dedicandoci al vomito. “Vorrei che vomitaste sulla carta, utilizzando la penna, tutto quello che avete in pancia, col rischio che non arrivi mai in testa”. Non so quanti avranno il coraggio di dire, scrivere, ammettere, pubblicare e vomitare quello che ho letto questa mattina nei loro occhi.

Io, da me, devo trovare pur un modo per stupirli, lasciarli impietriti, come lo siamo tutti in questo lunedì, in occasione della morte di uno di loro, del ferimento di altri e delle preghiere per una loro amica, fra quelli che sabato mattina si sono schiantati con la loro auto, quasi sotto il balcone delle loro case.

Li vedo in classe parlare fra di loro, tristi, qualcuno prega, perché spera che, in queste ore, i feriti, fra i quattro, ce la facciano. A vivere. Perché di questo parliamo, di scommessa perché dei ragazzi, degli adolescenti, poco meno o poco più, ce la facciano a vivere.

Nessuna forma di giudizio da parte mia. Solo sincerità, quella di chi sa che nella cittadina dove io insegno, per scelta, da cinque anni, i bar fanno a gara, dal lunedì alla domenica, a far pagare meno i cicchetti (“professò, sta un bar che più bevi, meno paghi”, perché la quantità a quell’età mette in moto l’adrenalina, quella utile per dimostrare che “so ‘na spugna”). Tutti sanno, compresi i genitori, noi insegnanti, che in questi bar, i nostri figli e studenti bevono, bevono e bevono. A scuola, si divertono a raccontare delle loro sbornie. E tu puoi sforzarti di organizzare per loro incontri con quelli dell’Anonima alcolisti, con tanto di testimoni salvatisi al limite, di quei racconti per cui li vedi piangere, emozionarsi, scaldarsi… Il pomeriggio sono nei bar, “perché la scuola è scuola”, tutto quello che sta fuori dal cancello della stessa risulta vera vita, esperienza da sfruttare al massimo.

Perché, tutti, in questa cittadina raccontano che non si fa il controllo con l’alcol test? “Perché chi mangia carne è normale che beva vino”, come mi dice senza alcuna remora un mio studente? Alla carne, al vino e al guadagno, tutti, specie se educatori, dovremmo scegliere la vita. Soprattutto se a darle impulso è la Legalità.

Più volte, con la scusa di parlarne, sentendosi vittime di un sistema e volendo trovare in esso loro complici, gli studenti mi hanno chiesto: “Professore, ma lei le canne se le faceva? Ha mai provato la cocaina? E le pallette?”. Ho dichiarato loro di essermi fatto male, molto male, di essermi fatto tante canne e non altro, ma anche di aver perso due dei miei migliori amici d’infanzia, non per le canne, ma perché “non è una cazzata” che il passaggio dalle canne ad altro è breve. Io lo so, loro lo sanno e tutti facciamo finta che non sia vero. Fra i miei studenti, fra gli abitanti del luogo dove insegno, come nella mia città di appartenenza, gira troppa droga fra i ragazzi. Io lo so, tutti lo sanno, e tutti facciamo finta di niente. Fino a quando non ci scappa il morto, o come nel nostro caso, i morti. Troppi morti!

Se nella mia Bari, ci si impasticca o ci si strafà di alcol e canne in diversi luoghi, in questa cittadina è più comodo: son cinque anni che impazzisco, incazzandomi, parlandone con i genitori, pèerché qui esistono “i locali”. Sono degli scantinati o poco più, per cui i ragazzi e le ragazze pagano un fitto, molte volte, pagato dai loro stessi genitori, senza che nessuno si preoccupi di cosa si faccia in quei luoghi. E se i ragazzi lo raccontano a me, che sono un loro docente, figuriamoci se non lo sanno i genitori! E se io so, vedo, odoro, ascolto quello che circola in questo paese, mi chiedo come sia possibile che chi ha la responsabilità di ogni sorta, da quella politica, della sicurezza ma anche quella che mi compete, educativa, non si dia da fare o avverte l’impossibilità a farlo? Cosa bisogna fare per non far morire i ragazzi e le ragazze per cause formali, di quelle che si dicono per rispetto ed educazione in occasione di certe morti, comprese per quelle cause che tutti conosciamo e che per una forma di (non) rispetto, non diciamo, ignoriamo e facciamo finta che non esistano?

Quali consigli dare ai ragazzi, in queste occasioni? Il silenzio, parlarne, l’aiuto dello psicologo, l’utilizzo delle loro stesse parole? Parole forti, che, molto spesso, ricorrono alla volgarità, ad immagini forti, ma a cui mi piace aderire perché rappresentano l’onesta visione della vita secondo loro: “ho voglia di gridare”, “vorrei scattarmi di musica nelle orecchie, perché non vorrei ascoltare nessuno”, “mi piacerebbe sfogarmi con un’intensa scopata”, “farei a pugni col muro”, “mi piacerebbe andare sulla salma del mio amico morto e picchiarlo, urlargli che ci ha lasciati soli!”. La vita, la forza, il coraggio, l’istinto, la rabbia. L’Amore.

Adesso, immagino che, fra qualche giorno, andremo ai funerali di uno degli studenti che sabato mattina hanno lasciato per sempre tutti noi. Spero sia solo uno di funerale! Per giorni saremo a lutto. Nelle nostre aule ci sarà aria sazia di retorica. Ci inventeremo di tutto e di più perché il tempo passi. Intanto, scegliere di andare ad insegnare in un’altra città non cambierebbe nulla. Stessi problemi, stesse vittime, stesse modalità. Stesse responsabilità!

E se provassimo ad invertire la rotta? A lasciarci interrogare, noi insegnanti, genitori, amici, educatori, rispetto ai quotidiani “mai una gioia”? E se cominciassimo a non ridere, a non fare gli amici, a non fare “i tranquilli” sulle questioni che riguardano le canne, le pallette, i cicchetti….? E se smettessimo di pensare che la scuola, la politica, la legalità c’entrano solo quando le nostre vite si privano e si impoveriscono a causa di certe gravi mancanze?

Oggi, io, mi sento svuotato, ma strafatto di vita! Pur consapevole che la morte mai non muore, non solo nei romanzi e nei versi delle poesie”.*

*REPUBBLICA – edizione Bari

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10 comments

  1. Il mio punto di vista da genitrice è che anche tra genitori si è visti con circospezione se ci si permette di dire ai figli qualche volta no perché non si vuole far finta di non sapere che…a volte si tratta anche di dare l’esempio a costo di apparire impopolari e fuori moda!

  2. L’ho scritto ieri su Facebook https://www.facebook.com/emanuele.scafato/posts/10207220967195578 … Vorrei che gli adulti considerassero per un attimo queste poche righe … e che i giovani che leggono potessero trovare le risposte alle domande che spesso mi pongono …
    A molti potrà sembrare strano ma … ricevo molti messaggi da parte di giovani, ragazzi e ragazze, adolescenti , dopo i miei interventi nelle scuole ma anche isolatamente collegati su facebook che in maniera uniforme mi confessano di sentirsi inadeguati a confrontarsi con la realtà che li circonda … ne percepiscono il peso e manifestano la difficoltà di gestione di situazioni scolastiche , familiari, relazionali , in estrema sintesi rispetto a un mondo che da un lato li esalta come risorsa per il futuro e dall’altra li “fotte”, li mortifica con l’assenza assoluta di prospettive, desertificando le più belle aspettative a cui avrebbero diritto …
    Non mi è facile rispondere e spiegare loro il senso di tanta ipocrisia e ancor meno mi è facile rispondere adeguatamente a tutti non conoscendo lo specifico in cui vivono e ciò che li circonda ma … li SENTO, ne avverto la sofferenza, l’esigenza di un sollievo seppur minimo e di una parola di speranza, un gesto minimo ma visibile e vero che faccia capire loro che è anche, principalmente e proprio la difficoltà da affrontare che tempra alle difficoltà della vita e garantisce che ci possano essere possibilità di cambiamento in cui loro siano attori e protagonisti e non semplici e “stupidi” sognatori ma, al meno peggio, idealisti senza illusioni … due citazioni mi vengono spontanee che vengono da mondi tanto diversi , quanto preziosi.
    La prima è di Pablo Neruda e la rivolgo agli ADULTI
    “Ognuno ha una favola dentro, che non riesce a leggere da solo. Ha bisogno di qualcuno che, con la meraviglia e l’incanto negli occhi, la legga e gliela racconti.”
    Ai genitori, ai professori nelle scuole a chi ha il delicato compito di rappresentare l’agenzia educativa di riferimento mi sento di sollecitare e consigliare di guardare bene e di ascoltare in maniera riflessiva, sentire i segnali che la persona che abbiamo davanti invia; non si potrà mai intercettare un disagio se si guarda ma non si vede, si sente ma non si ascolta e si è subito pronti a giustificarsi invocando il “sistema” e autoproclamarsi i genitori o i professori migliori del mondo SENZA rendersi conto di essere invece di rappresentare per i giovani il più grande fallimento educativo a cui ci si possa riferire… e vale, ovviamente anche per quanti rappresentano le istituzioni che dovrebbero tutelare giovani , adolescenti e minori ed invece li stanno mortificando con l’indifferenza che mai in passato aveva caratterizzato la società degli adulti…
    La seconda è per i GIOVANI, quelli che conosco, ragazzi e ragazze, quelli che sono nelle scuole ma anche nelle famiglie spendendo gran parte della loro vita a confrontarsi con queste due dimensioni e questi contesti sociali … non vuole legarsi ad una fede politica, pur condivisa nel senso dell’aspirazione al diritto e alla libertà della persona…
    E’ un commento di speranza da parte di chi viveva una situazione ben più difficile di quella giovanile dei giorni nostri ma non per questo non luminosa nella sua esperienza tramandata …
    Nulla è mai perso e non si perde mai nella vita se non si decide di non vincere … e non bisogna farlo MAI .
    Quando vi chiederanno di SCEGLIERE tra affondare e galleggiare …
    … scegliete di VOLARE !!! Avendo sempre il coraggio delle proprie idee …
    e vale per tutti
    Antonio Gramsci,-Lettera al fratello Carlo del 12 settembre 1927
    “Mi sono convinto che anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio. Mi sono convinto che bisogna sempre contare solo su se stessi e sulle proprie forze, non attendersi niente da nessuno e quindi non procurarsi delusioni. Che occorre proporsi di fare solo ciò che si sa e si può fare e andare per la propria via. Credo di essere semplicemente un uomo medio, che ha le sue convinzioni profonde, e che non le baratta per niente al mondo”.

    Credeteci !

    E tra il dire e il fare … FATELO !!!

    Grazie per darmi sempre l’opportunità di capire un pò di più di quanto cerchi di carpire dalle vostre esperienze e di riflettere su un modo migliore di essere adulto con tutte le responsabilità che questo ruolo comporta …

  3. Rosselka laterza

    La lettera diMariaForese e la più sincera ed autentica, lei ha perso due figlie di cui una in situazioni analoghe ai due, nessuno si arroga il ruolo di padre eterno ma è’ agghiacciante perdere un figlio in questo modo
    ognuno deve fare il suo!

  4. Lasciamo stare la carne e il vino.

    In vita facciamo quel che siamo ….. identità, carattere e personalità non si possono cambiare come gli abiti.

    La verità è che non si insegna ai ragazzi a conoscere i limiti
    nella scuola e nella famiglia.

  5. Quello che mi colpisce è ” mai una goia ” . I nostri ragazzi ( e non solo loro ) sono malati per la mancanza della gioia di vivere . anzi mi correggo a loro mancano sia la gioia che il vivere. La gioia di essere qui in questo momento e progettare di essere li in un altro momento . La gioia di sentirsi vivi e coscienti del loro vivere.La gioia di essere amati e di amare , abbracciare ed eessere abbracciati ,capire ed essere capiti. Sono ( siamo ) pienei di oggetti inutili che assottigliano sempre più il nostro tempo da dedicare a Noi e a chi amiamo . Corrono (corriamo ) per non avere più tempo per pensare , perche il pensare fa male e ci si i scopre deboli ed indifesi . Ritengo che sia ora di insegnare il giusto valore dell’essere e la vacuità dell’apparire .

  6. Essere genitori e’ la cosa piu’ difficle del mondo. e non esistono schemi da seguire per permettersi di dire “io sto facendo la cosa giusta”, alcune volte dipende dall’educazione dei genitori, altre da quali persone o amici si e’ accerchiati, molte volte basta solo un momento, sbagliato, per cancellare tutto quello che di giusto e corretto si e’ fatto nella vita.
    Purtroppo non e’ facile capire quale strada sia giusta da intraprendere, so gia’ bene che fra un mese, due o un anno, tutto cadra’ nel dimenticatoio, come da sempre succede ed e’ questa la cosa piu’ triste.
    Sono stato ragazzo anch’io e non mi va di dire che sono stato piu’ bravo, solo perche’ quando ho fatto le cavolate, e credetemi ne ho fatte tantissime, mi e’ solo andata bene.
    Riflettere e’ quello che tutti al momento dovremmo fare. Pregare sempre. Ma l’amara verita’ e’ che purtroppo tutto questo riaccadra’. Le istituzioni fanno poco affinche’ si possa prevenire questo problema. Non e’ la canna in se per se, o il bicchiere di vino, perche’ una serata “esagerata” la abbiamo avuta tutti e qualche volta si ha il piacere di farla per stare in compagnia (e non siate ipocriti), e’ come evitare che qualcuno possa far del male a se stessi o ad altri mettendosi alla guida di un mezzo che potrebbe diventare un’arma.
    Non saprei quale soluzione proporre, ma qualcosa per attenuare questo diffuso evento dovra’ pur esserci e va presa subito in considerazione.
    Nel frattempo riflettiamo e preghiamo, affinche’ questo sacrificio ci faccia capire quanto la vita e’ bella.

    • Purtroppo troppi genitori affidano l’educazione dei propri figli al caso, come loro sono vissuti x caso, fermiamoci a riflettere, quanso saremo incapaci di muoverci chi portera i fiori ai nostri figli?

  7. CARLO PANEBIANCO

    Forse sarebbe il caso di tornare ad insegnare ai nostri ragazzi che la vita è un dono di Dio e che in quanto tale non può essere sciupata. E invece si è affermata una visione della vita atea, basata solo sull’affermazione e sulla soddisfazione personale. Quante volte è possibile ascoltare o leggere che dobbiamo essere laici, che il nostro Paese è arretrato per colpa dei cristiani e del Vaticano? E che dire di chi propone anche in Italia l’eutanasia? Al di la del pietismo, la logica che la ispira è che la vita è mia e devo decidere io quando farla terminare. Ebbene, se la vita è mia e ho diritto a farne quello che voglio, ho diritto anche a buttarla via.

  8. Chissà cosa è giusto o sbagliato……
    Educazione dei Genitori?!!! Maaaa non saprei
    Io cresciuta da genitori che veramente mi stavano addosso per qualsiasi cosa….vissuta in una campana di vetro con 0 esperienze….scuola,casa,chiesa,palestra ( unico mio sballo) mentre vedevo
    tutte le mie amiche,cugine/i che uscivano tranquillamente in villa ( luogo dove incontrarsi,parlare,ridere e scherzare che bei ricordi)
    io purtroppo fino ai 18 anni niente….bhe sono stata anch’io triste e incazzata con i miei con la vita in generale, ho mandato messaggi ai miei del tipo “voglio morire” perché non ero soddisfatta… volevo uscire con le mie amiche niente di più… comunque anche se ero incazzata non ho mai fatto uso di niente.
    Forse perché prima ci si accontentava di quel poco che si aveva, si pregava e soprattutto si sperava e credeva in un qualcosa che prima o poi sarebbe arrivato
    si è duro accontentarsi ma vi assicuro che alla fine ne vale la pena….
    Oggi ho 37 anni e ho due bimbe ed un terzo in arrivo è difficile fare il genitore è difficile fare i figli ma educare i ragazzi ad accontentarsi, a pregare credere e sperare un pò di più è doveroso…
    Sì anch’io vorrei dare ai miei figli di più ma sò che quel di più non farebbe del bene ma poi questo di più cos’è? ??
    Io ho pensato che l’unico di più che posso dare ai miei figli è l’amore.
    AMORE prima tra me e mio marito e poi verso di loro
    Solo l’Amore può aiutarci a superare qualsiasi difficoltà anche la più banale…..
    Bhe scusate forse ho detto cose che tutti già sanno.

  9. E se magari i professori riprendessero un po più le redini della classe, e i genitori lasciassero svolgere ai professori il loro ruolo….forse qualcosa potrebbe essere diversa. Se la macchina non fosse l’esempio da copiare, e quindi lui la ha…E io nn posso esser da meno, se i sacrifici fossero sentiti anche dai ragazzi, se lo sport potesse essere a portata dì tasca, se le tv non mostrassero solo il potere del soldo, dell apparire, etc, se i genitori tornassero a mettere un po di freni…. potrebbe capitare..
    ma la percentuale non sarebbe così alta.

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