RISCOPRIRE LA CENTRALITA’ DELLA FAMIGLIA

Quando si deragliava completamente, entrava in azione la cinta dei pantaloni del papà o altri oggetti a portata di mano.

Le persone di senno sono chiuse in casa, quelle più leggere trovano ogni pretesto per uscire all’aria aperta. Si accorgono di essere insufficienti nella valutazione del rischio quando sono fermate dalle Forze dell’Ordine per giustificare il loro pericoloso comportamento per se stesse e per gli altri. Per fortuna, la cronaca non ci offre notizie di bambini sulla strada o nelle strutture ludiche delle agenzie educative. I genitori, a giusta ragione, temono per la loro incolumità e allora, gioco forza, vengono trattenuti in casa con distrazioni non sempre convincenti. Si può tenere ferma l’acqua del mare? Anche se c’è bonaccia, l’acqua dondola dolcemente. Poi quando c’è burrasca, lo sciabordio delle onde si sente da lontano. Così per i bambini. Ora una carezza, ora una sgridata per tenere a bada la loro voglia di varcare la soglia di casa. Per i genitori, quindi, un impegno quotidiano; un confronto anche energico per far comprendere ai loro figlioli la gravità del momento. Le scuole chiuse, che di solito creano gioia nei suoi utenti, in questi periodo, fa sentire la sua mancanza. Per i genitori, però, questo momento deve rappresentare una grandiosa opportunità per verificare le modalità educative dei propri figli. Non perché non siano educati. Tutt’altro! Ma questi bambini, oggi, da chi sono educati? Dai genitori, certamente, ma non compiutamente. Ai tempi remoti della famiglia di una volta, almeno fino agli anni ’60, non era così. I bambini ricevevano ferree norme educative vivendo in famiglia a contatto stretto con i genitori, tant’è che bastava anche una sola occhiata del papà in particolare per ritornare in riga quando si sviava dalle regole impartite. Quando, poi, si deragliava completamente, entrava in azione la cinta dei pantaloni del papà o altri oggetti a portata di mano. Anche a scuola era più o meno così. Il “signor maestro”, come doveva essere chiamato dagli alunni, bisognava ascoltarlo; invero, scattava la punizione con bacchettate sulle mani, stando fermi dietro alla lavagna, ecc., con incondizionata condivisione dei genitori che completavano la “festa” quando i loro figli ritornavano a casa. Mai sia oggi! Basta anche uno sguardo un po’ più sostenuto o una parola di troppo dell’insegnante che scatta la reazione dei genitori. Se prima era brutto trattare i ragazzi in quel modo, oggi è peggio.

Allora, il momento presente è una grande occasione per riflettere. La famiglia ha la grande possibilità di ritrovare se stessa. I modi anche brutali di un tempo sono al bando ma non l’essenza educativa che resta sempre tale e che deve essere impartita mediante l’insegnamento del concetto di “autorità” che vale nella scuola ma nella vita. Per non essere frainteso, meglio che dica “rispetto delle regole”. Sia a scuola oggi, che in ogni dove domani, non si può fare quello che uno crede. Ci sono dei limiti in tutto ovvero “la mia liberà finisce quando inizia quella del mio prossimo”. Ogni trasgressione al rispetto delle regole si compie quando c’è una invasione di campo. Forse questo passaggio educativo va più compiutamente riscoperto perché, a me pare, anemico. Anzi, più sarà impresso nei ragazzi e più si otterranno risultati fruttuosi e stabili. I ragazzi di oggi saranno gli uomini di domani. La carenza di questa dimensione educativa è origine di tanti mali sui quali non è il caso di soffermarsi perché conosciuti e disprezzati.  Il bullismo è tutto dire. Esso nasce indubbiamente nella trascuratezza dell’educazione famigliare. Gli educatori per professione studiano e sformano ricette e consigli per contrastarlo ma, ahimè, da un orecchio entrano e dall’altro escono. Se potessi dire sommessamente la mia, direi che oggi i genitori non possono più delegare ad altri quello che manca al completamento dell’educazione dei propri figli. Per il bene di tutti, è necessario ritornare alla centralità della famiglia con i genitori che devono fare i genitori, miscelando, se del caso, la carota con il bastone. L’educazione dei figli all’interno della famiglia, deve essere senza smagliature, tutto un pezzo, totale, completa, perseverante, vigilante, soggetta a verifiche, controllata e controllabile. Essa è un investimento per il futuro. L’educazione esterna ricevuta a scuola o nel contesto sociale della strada, invece, non può non essere che complementare, integrativa. La rotta, quindi, va invertita. Questo momento di chiusura può essere di aiuto.

Causa principale delle delega educativa è la mancanza di tempo. La famiglia si ricompone, semmai, soltanto a fine settimana. Nei giorni feriali, invece, i bambini sono in “libera uscita” o quasi un ingombro. Bisogna “piazzarli” da qualche parte. Allora, si mandano in palestra, al catechismo, al doposcuola, in piscina, alla casa dell’amico, in parrocchia per i più curati alla fede, nelle sale giochi per i più spavaldi, e, peggio ancora, si lasciano i bambini da soli con quegli arnesi infernali nelle mani, che conosciamo, senza controllo. Tutto questo, e mille volte di più, non può sopperire al ruolo di responsabilità dei genitori nella maniera più assoluta. L’onere dell’educazione, quindi, deve ritornare ad essere a totale carico dei genitori. La delega è dannosa. Forse, così facendo, le prossime saranno generazioni più sane rispetto a quelle attuali, con benefici enormi per la salute della società, oggi gravemente ammalata per lo svuotamento delle famiglie. E allora, ricordando questi tempi brutti, si dirà che “non tutti i mali vennero per nuocere”.

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